Super 8

di Anna Castagnoli, 2011
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Ripercorrendo gli anni della sua infanzia in ordine cronologico, Anna Castagnoli presenta in modo libero i vari episodi, creando talvolta qualche breve salto temporale, sempre giustificato e contestualizzato. Un vero e proprio flusso di ricordi, in cui una memoria ne richiama alla mente un’altra, per analogia di sostanza o d’emozione. Un insieme di pensieri e immagini che risuonano, avvolgendo il lettore, senza mai perdere il filo. Meravigliosi e vividi i ritratti dei componenti della famiglia Castagnoli: una Mamma forte, dal carattere energico e femminile al tempo stesso, un Padre attivo, tenero e un po’ “matto” che con i suoi “riti scaramantici” mi ha ricordato (non so perché) Melker, il papà di Vacanze all’Isola dei Gabbiani, e una piccola Anna coraggiosa, sensibile e talvolta fragile, ma dall’incrollabile fiducia nella vita. Leggere la storia di Anna è vivere la sua infanzia e, in qualche modo, rivivere la propria. Ricordare le sensazioni di quando si è bambini, di quando si riconosceva l’intensità e la magia nelle cose, di quando ci si sentiva interiormente più grandi e più vasti di quel che poteva sembrare fuori, di quando tutto questo era evidente e visibile solo a Noi Bambini… e riempiva tutto.
Perché quando si è bambini, si è al centro della propria vita; e da quel punto privilegiato si studia il mondo.

da Super 8 di Ilaria Mozzi, in Bliblila, 13 marzo 2013.

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Il viaggio di Miss Timothy

di Giovanna Zoboli e Valerio Vidali, 2012
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Per un libro che narra di pecore, non c'è battesimo migliore di una lettura al pascolo. Soprattutto, se per il resto dell'anno siamo persone che vivono in città. L'estate è il periodo ideale per leggere nei prati e le occasioni per imbattersi in un gregge di pecore impegnate a mangiare e belare sono numerose in tutte le regioni d'Italia. L'invito al viaggio è esplicito dal titolo.
«Quando, giorno dopo giorno, Miss Timothy fece la brutta lana, Mr. George se ne accorse subito. La brutta lana si forma quando una pecora non è più lei. E Miss Timothy non era proprio più lei: dormiva male, mangiava poco e beveva ancor meno. E se una mosca le si posava nei pressi della coda, Miss Timothy sembrava non avere proprio nulla in contrario. […] Perciò: “Miss Timothy,” disse, un pomeriggio, Mr. George. “Non la riconosco più. Lei non è più lei! La sua lana è piena di nodi e oltretutto grigi. E se lei non è più lei, bisogna che lei ritrovi se stessa. Miss Timothy, la informo che domani partirà alla ricerca di sé.”»
Mr. George allude in modo sottile al fenomeno della metamorfosi. Analogamente alla natura, gli esseri umani sanno essere capaci di metamorfosi nel loro animo, nelle loro mentalità e culture. In un film recente, intitolato Monsieur Lazar (regia di Philippe Falardeu), il protagonista è un maestro. Un mattino rivolge ai suoi studenti un esempio classico di metamorfosi: «la crisalide è un insetto che sta a metà tra il bruco e la farfalla, il suo alloggio è un bozzolo fragile, da cui al momento opportuno spiegherà le ali, come voi.» È una fase di transizione, la metamorfosi, avventurosa e ricorrente nell'esistenza umana. La vita nel complesso può essere intesa come una sua manifestazione. Buona parte di Il viaggio di Miss Timothy si svolge in quel lasso di tempo di mezzo, in cui qualcuno, dentro sé, diventa sé, con esiti eclatanti. Quando Miss Timothy fa ritorno a casa, il suo vello è bianco e morbido come non mai. Il medesimo meccanismo opera, da che l'umanità racconta storie, nel repertorio fiabesco.

Da Allevare bambini di Giulia Mirandola, in Catalogone 2013.

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Mondocane

di Giovanna Zoboli e Francesca Bazzurro, 2004
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Lillo è un cane bastardo. Non c’è antidoto alla sua discriminazione. La vita dei campi, senza padrone, pone fine all’isolamento e risolve una crisi d’identità, per un ritorno in città trionfale.
Mondocane imita la struttura di un album fotografico di famiglia. E invita il lettore a sfogliarlo e a leggerlo come se lo fosse: cioè a identificare la storia con un percorso di crescita. Da subito il lettore si trova a familiarizzare con un tipo di lettura complesso, cercando di dare un ordine a stimoli verbali e stimoli visivi. ... Nella città degli uomini, Mondocane è dove animali e esseri umani dimostrano a se stessi e agli altri con quanta cautela si debbano maneggiare termini come socialità, uguaglianza, diversità, stupidità, intelligenza. ... Cambiare ambiente, si traduce in un’esperienza ricca di novità, in cui Lillo cresce visibilmente. Diventa più sicuro, più coraggioso, più felice, più bello. E nel momento in cui si dimentica, avendo scoperto l’amore, dei suoi sciagurati padroni, questi, «d’improvviso, proprio come se n’erano andati» tornano a riprenderselo. Dunque, comprende Lillo, non è stato abbandonato: «alla fine si era semplicemente trattato di vacanze separate». La presa di coscienza segna la conquista dell’autonomia. L’immagine mostra che Lillo, nell’automobile che lo riporta in città, è rivolto a ciò che lascia: gli amici che ha scoperto simili a sé e attraverso i quali ha scoperto se stesso.

Da Crescere, nonostante tutto, di Giulia Mirandola, in Catalogone 2007.


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L'ora blu

di Massimo Scotti e Antonio Marinoni, 2009
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Uno scompartimento di treno è una navicella spaziale, che porta, come al cinema, nel presente, nel passato, nel futuro. Niente effetti speciali. Cento per cento parole e immagini. L’ora blu trae ispirazione da un luogo in cui la concentrazione di storie è elevatissima: una stazione ferroviaria di città, davanti alla quale la gente va e viene. Chi in procinto di partire, chi in attesa alla fermata dell’autobus, chi indeciso sull’ultima cartolina da imbucare, chi lì semplicemente per caso. Ogni stazione è un luogo magico, un contenitore adatto sia alla puntualità, sia al ritardo, sia al presente assoluto, sia all’eternità. In L’ora blu, Scotti e Marinoni rubano a questo spazio urbano tutto il potere narrativo che gli si confà da secoli. Facce, voci, lingue, odori, qui si mescolano e il più delle volte non hanno nomi. È un enigma vedere apparire e scomparire un convoglio all’orizzonte. Viene spontaneo domandarsi dove vada.  […] Lo scompartimento di un treno è una cabina di regia ideale per architettare effetti speciali. Non sediamo in un cinema e nemmeno a teatro, leggendo L’ora blu. Stiamo in poltrona, su una sedia o un divano. Ma è dritti in queste due luoghi che ci portano le tavole di Marinoni. Il finestrino è uno schermo di fronte a cui il lettore trasecola, perché su di esso, pagina dopo pagina, si affacciano, in un crescendo di distanza dal paesaggio reale, le impressioni e le storie di personaggi visionari: […] Tony Tanner, e i due innamorati usciti dal passato, Hortense e il conte di Saint-Germain. L’ora blu è un albo illustrato, che sconfina nel racconto d’avventura, nell’autobiografia, nel romanzo d’amore, nel diario di viaggio, nella commedia umana.

Da L'arte del viaggio, di Giulia Mirandola, Catalogone 2009.

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Chiuso per ferie

di Maja Celija, 2006

In epoca di vacanze estive, sono in molti a fare bagagli. A porte chiuse, c’è perfino chi esce da foto antiche senza dire una parola, per compiere traversate indimenticabili tra le cose di casa.
Chiuso per ferie è un omaggio alla fotografia attraverso il linguaggio della pittura e dell’illustrazione. È un libro che indaga questioni serie – il vedere, il raccontare – andando sotto la superficie delle cose e suscitando stupore. Ragionare sulle caratteristiche del libro, porta a confrontarsi con due ordini di problemi: il nostro rapporto con le immagini e con la realtà. A partire da un dato evidente: qui non compare scrittura. Con una definizione acquisita dall’inglese, questo è un silent book o wordless book, letteralmente, un libro muto, senza parole. 
Chiuso per ferie presta ascolto all’elemento magico della realtà e si muove, nel mondo in cui viviamo, come se reale e fantastico fossero due facce della stessa medaglia. Parafrasando Georges Perec, prende le «cose comuni», le bracca, le stana, le libera dalle scorie nelle quali restano invischiate, dà loro un senso, una lingua.
L’immagine di copertina riprende in modo realistico il dettaglio di una porta d’appartamento. L’inquadratura si concentra sulla serratura. La sua forma richiama quella di una chiave e l’idea di chiave ricorda che essa fa due cose: apre e/o chiude. Un soggetto di forte valore simbolico, qui, perché la copertina è, effettivamente, una soglia d’ingresso. Il desiderio di superarla, aprirla, entrare, carica di suspence questa scena fissa, ed è accentuato da una parola che dice l’esatto contrario: la parola “Chiuso”, contenuta nel titolo. Chiuso per ferie prende l’avvio da un paradosso: ciò che è chiuso è aperto; ciò che è aperto è chiuso.

Da Un'epopea silenziosa di Giulia Mirandola, in Catalogone 2007.

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